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Non passa settimana senza la chiusura di un’impresa, un fallimento, una messa in liquidazione. La recessione ha raggiunto Bolzano, dopo essere stata negli ultimi anni un “affare italiano”, contenuto a sud di Salorno. Numeri ancora modesti (PIL: -0,5%, disoccupazione al 5,4%), ma che incrinano lo spirito generalmente ottimista di altoatesini e sudtirolesi: c’é in giro piú insicurezza e piú paura. E chi paga,
paga tanto, sia in termini economici, che di status sociale. E paga anche in silenzio, senza proteste chiassose, come si usa qui da noi. Ma qui da noi, la recessione mette in luce rapidamente anche gli anelli deboli della pace sociale, della “Sozialpartnerschaft”. Negli ultimi trent’anni essa aveva sonnecchiato all’ombra dei bilanci provinciali generosi, della crescita economica e della piena occupazione. Ora le ruota gira al contrario e nei prossimi tempi saranno da aspettarsi ancora crisi aziendali, dimagrimento del bilancio della Provincia, maggiore tasso di disoccupazione. E le reazioni dei gruppi sociali più colpiti si fanno sentire:
– potenziale conflitto col settore pubblico che garantendo il “posto sicuro” ai suoi dipendenti crea due categorie di cittadini, quelli di serie A) e quelli di serie B);
– crescente presa di distanze dal “sistema Italia”,individuata come fonte della recessione altoatesina, importata da sud;
– acuirsi della tematica “immigrazione”, particolarmente da parte di chi, colpito dalla crisi, viaggia sull’ascensore sociale in discesa.
Sintomi gravi per la coesione della nostra comuità provinciale.
Quindi, non solo recessione economica e sociale, ma anche nuvole scure per la convivenza.
Da qui l’urgenza di intervenire per rilanciare l’economia e l’occupazione, non solo a favore del portafoglio degli altoatesini/sudtirolesi, ma anche per evitare che si allarghino le crepe nella pacifica convivenza in provincia di Bolzano.
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