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Il finale deludente dei lavori della “Convenzione” altoatesina fa pensare che ad un Terzo Statuto di Autonomia non si arriverà: ci si arrangerà con il Secondo Statuto, quello del 1972. Le motivazioni della impasse di partiti, associazioni, società civile nel produrre una proposta unitaria di revisione statutaria sono molteplici, ma, a mio parere, una è veramente decisiva.
Mi riferisco al fatto che si è dato il via al processo di revisione statutaria in presenza di “bisogni deboli” della società locale, non sufficienti a sostenere una vera riforma e quindi un Terzo Statuto. Le questioni in discussione nella Convenzione, in realtà così grandi e di così vitale importanza non lo sono, almeno per una larga maggioranza della società locale. E quando appaiono esserlo per una parte etnica, non lo sono per l’altra parte con l’effetto di elidersi a vicenda. Non solo, per ogni tema indicato come decisivo, si pensa sotto sotto alle possibilità di aggiramento. L’ampliamento delle competenze della Provincia? Si ottengono anche (e forse meglio) nel rapporto bilaterale col Governo Centrale come dimostrano molti esempi anche recenti. L’abolizione del Commissariato del Governo e della Regione? Si fa la proposta sapendo che non sta in cima alle aspirazioni dei cittadini e che si può sopravvivere bene anche in presenza di queste due Istituzioni. La scuola “mista” o bilingue? Richiesta soprattutto dal gruppo italiano – estraneo a grande maggioranza il gruppo tedesco – surrogata però da migliaia di iscrizioni di scolari e studenti di madrelingua italiana nelle scuole in lingua tedesca, oltre naturalmente alle numerose sperimentazioni didattico-linguistiche.
Insomma, nessuno disposto a morire per il Terzo Statuto o a cambiare significativamente il Secondo. I bisogni reali e comuni della attuale società altoatesina/sudtirolese non sono tali da spingerla ad accettare sfide più complesse e avanzate. Ci si accontenta dello status quo. Per oggi basta, domani si vedrà.
(www.albertostenico.it)
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