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“Si ritiene inaccettabile la richiesta degli altoatesini di avere autonomia legislativa in materia di lavoro”, tuonò il segretario della Camera del Lavoro, Silvano Bettini Schettini durante il suo comizio a Bolzano. Correva l’anno 1947 ed era appena stato sottoscritto l’accordo Degasperi-Gruber che concedeva una significativa autonomia alla provincia di Bolzano. Autonomia sì, ma non in materia di lavoro, sosteneva il Sindacato di allora.
Ed anche la Politica adottò questo orientamento: nello Statuto di Autonomia non si tocca questo tema: a Bolzano valgono gli stessi contratti e tutta la giurisprudenza del lavoro del resto d’Italia. Nonostante la struttura del mondo del lavoro, delle imprese e dello stato sociale siano completamente diverse. Un vestito, quello nazionale, fuori misura per il mondo del lavoro altoatesino.
Quest’ultimo aveva (ed ha tuttora) segni particolari inconfondibili:
– Piccole Imprese ed Artigiani in grande prevalenza,
– Agricoltura e Turismo per loro natura a forte stagionalità,
– Apprendistato molto diffuso,
– Competenze linguistiche come presupposto per l’occupabilità,
– Relazioni industriali tendenzialmente “collaborative”,
– vaste aree di “part-time” Agricoltura-Turismo-Artigianato,
Avendo voluto e dovuto applicare a questa realtà il modello contrattuale nazionale nato nelle grandi aziende, in presenza di alti tassi di disoccupazione ed in clima sociale fortemente conflittuale, abbiamo addosso un vestito con una taglia sbagliata. Ideato a Roma senza possibilità di adattamenti locali. La contrattazione territoriale – contratti provinciali – potrebbe aiutare i lavoratori e le imprese a darsi regole adatte alle loro reali condizioni di lavoro. Ma i contratti provinciali “integrano” e non “sostituiscono” le norme nazionali.
Siamo autonomi su tutto, salvo che sulla cosa più importante che è il lavoro.
(www.albertostenico.it)
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