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L’infermiera bardata e mascherata di tutto punto mi accoglie gentilmente sulla porta della palestra dove si svolge il test di massa anticovid della provincia di Bolzano. Ci guardiamo negli occhi e lei mi saluta e mi dà tutte le informazioni necessarie. In lingua italiana. Lei ha intuito e indovinato, come spesso capita, in quale lingua io l’avrei compresa meglio ed avrei più volentieri potuto interloquire. Alla signora in coda dietro di me, l’infermiera ha rivolto spontaneamente la parola in lingua tedesca. E via di seguito tutto il giorno. La modulistica da compilare è bilingue. Il sito che presenta tutte le regole di questa iniziativa del test di massa con 350.000 potenziali partecipanti, ha 4 opzioni linguistiche: italiano, tedesco, ladino e “in lingua facile”. I numerosi decreti del Presidente della Giunta Provinciale, decisi ed elaborati spesso sotto la la pressione delle ore e dei minuti e con un complesso linguaggio giuridico, vengono puntualmente e contestualmente tradotti e pubblicati in due lingue. Le frequenti conferenze-stampa del nostro Presidente della Giunta provinciale, Arno Kompatscher, avvengono rigorosamente in due lingue, da lui parlate in modo fluente.
Tutto è così normale che gli altoatesini e i sudtirolesi non ci badano nemmeno. E’ tutto così “per natura”? No, questo livello di bilinguismo diffuso di cui possiamo godere tutti, è frutto di un grande lavoro, impegno individuale, formazione scolastica, tolleranza reciproca e amore per l’altra lingua. Nulla di scontato.
A dare forza a questa “virtù” maturata nella società locale, contribuisce anche lo Statuto di Autonomia del 1972 (articoli 99 e 100) dove prevede il diritto di ogni cittadino di potersi rivolgere alla Pubblica Amministrazione nel propria lingua.
Scusate se è poco.
(www.albertostenico.it)
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