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Il Governo italiano ha approvato in questi giorni le norme speciali sul censimento della popolazione in provincia di Bolzano ed ha confermato anche la rilevazione dei dati sulla scelta dell’appartenenza al gruppo linguistico da parte dei cittadini altoatesini. E’ la conferma di un metodo introdotto per la prima volta nel censimento del 1981 e che allora sollevò parecchie reazioni compresa quella più radicalmente contraria e sostenitrice del rifiuto della dichiarazione stessa. Il censimento, si sosteneva, avrebbe creato per sempre le cosiddette “gabbie etniche”.
Di contro, fino a pochi anni prima, era radicato in una gran parte dell’opinione pubblica locale, anche lo slogan della “Todesmarsch” (la marcia della morte) e cioè la minaccia della estinzione del gruppo etnico tedesco a livello provinciale. Sia la prima che la seconda, sono state parole d’ordine pesanti e che hanno in parte influenzato l’opinione pubblica ed espresso le preoccupazioni e le paure che le avevano originate.
Il tempo e lo sviluppo reale della società altoatesina, hanno contribuito a sbiadire questi slogan: le dinamiche concrete sono diverse da quelle prospettate e temute, smentendo così le visioni più negative e addirittura catastrofiche.
Il gruppo tedesco in provincia di Bolzano gode nel frattempo di tutele tali che ne hanno favorito lo sviluppo ed il rafforzamento: la temuta e annunciata “Todesmarsch” non si è realizzata, semmai il contrario. Le temute cosiddette “gabbie etniche” di 40 anni fa, hanno rivelato avere porte aperte attraverso le quali gli altoatesini ed i sudtirolesi che lo hanno voluto, hanno consolidato numerose forme di vita sociale interetnica nelle associazioni, nelle imprese, nei sindacati, nelle cooperative e nella cultura. Dalle gabbie, chi ha voluto è uscito.
A questo sviluppo positivo ha contribuito un largo impegno civile e l’ Autonomia territoriale come risposta al conflitto etnico.
Tanto tuonò, ma non piovve. Per fortuna e per merito di molte persone di buona volontà.
Guardiamo avanti e archiviamo gli slogan che hanno fatto il loro tempo.
(www.albertostenico.it)
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