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Il 15 ottobre 1957 il Sindaco di Bolzano riceve un telegramma: il Ministro dei Lavori Pubblici gli comunica che Roma ha messo a disposizione 2,5 Miliardi (di Lire) per la costruzione di un nuovo rione con 5.000 abitazioni, edifici per i servizi pubblici, chiese. Una buona notizia? Al contrario, si tratta di una vera e propria bomba politica talmente potente da mettere in crisi le istituzioni dell’intera Regione Trentino Alto Adige. Da un provvedimento apparentemente positivo, anche alla luce del grande fabbisogno di alloggi sociali, ne è conseguito uno periodo di pessimi rapporti politici ed etnici in provincia di Bolzano.
Una contraddizione solo apparente: le case servivano eccome, ma la domanda di fondo era “per chi”? A quei tempi dominava la preoccupazione per i nuovi arrivi e si temevano grandi sconquassi degli equilibri etnici. Quindi prima di costruire le case, serviva sapere chi ci sarebbe entrato ad abitare. La situazione è fortunatamente cambiata con l’introduzione di criteri concordati per l’assegnazione degli alloggi e con l’amministrazione autonoma dell’Istituto Per l’Edilizia Sociale. La diffidenza etnica è nel frattempo relativamente superata, ma ben presto sostituita dalla diffidenza sociale, che rappresenta un nuovo freno ad una grande espansione dell’edilizia popolare, della quale ci sarebbe estremo bisogno. Le nuove tante case popolari sarebbero oggi quanto mai necessarie per dare risposta alla nuova domanda espressa dai giovani, dalle persone a basso reddito, dagli immigrati e da tanti altri. Un programma straordinario di edilizia sociale sarebbe il vero investimento sul futuro del nostro territorio. Non mancherebbero i fondi necessari e nemmeno i terreni o le cubature esistenti da recuperare. Manca purtroppo ancora una risposta unanime e convinta alla domanda “Nuove case. Per chi?” O peggio, la risposta esplicita o sottintesa c’è ed è negativa. Tra chi non vuole edilizia sociale nei rioni residenziali di alto livello, chi non la vuole comunque nel vicinato perché “svaluta” il valore delle proprie case , chi vuole mantenere il suo monopolio sul mercato privato, chi non vuole gli immigrati, chi gli studenti, chi non vuole comunque nuove costruzioni, sono (siamo) in troppi a fornire un alibi a quelle amministrazioni pubbliche che frenano l’edilizia sociale.
Non bastano i soldi ed i terreni per dare la risposta ai nuovi bisogni abitativi. Bisogna anche cambiare certe mentalità che vedono più problemi nell’offerta di edilizia sociale, che non nella mancanza di case per chi ne ha bisogno.
Come sempre in provincia di Bolzano siamo speciali: andiamo in crisi se le case si fanno, non se le case mancano.
(www.albertostenico.it)
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