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Il tessuto sociale é quello che tiene insieme una comunità e che sta alla base della nostra democrazia. Già piuttosto fragile in partenza, esso rischia ora di subire profondi strappi a causa degli effetti indotti dal Coronavirus. Giorno per giorno, anche nei contatti interpersonali, si percepiscono le linee di questi strappi che tendono pericolosamente a generalizzarsi. Il primo e più evidente è quello tra le generazioni, il nuovo confine tra vecchi e giovani. Col Coronavirus muoiono soprattutto i vecchi e questa viene implicitamente considerata un’attenuante a questa maledetta pandemia. Quando si prospetta il sospirato allentamento del lock down, si prevede l’esclusione degli over 70, motivandolo con una asserita maggiore attenzione alla fascia più debole della società. Vecchi di qua, giovani di là.
Nel contempo cresce anche il disamore e la diffidenza tra i gruppi di cittadini con reddito a rischio e ormai ridotto (lavoratori autonomi, piccole imprese, precari, ecc.) e quelli a “reddito fisso garantito” (pensionati e dipendenti pubblici). Più la crisi economica si aggrava e più si accentuano questi sentimenti negativi.
Sul piano più geopolitico, le recriminazioni varcano i confini tra le regioni (nord sud) e tra i Paesi, europei e non. Le considerazioni sulle responsabilità per la pandemia e per la conseguante crisi economica fanno riemergere nella popolazione giudizi e pregiudizi di tipo nazionalistico sugli altri Paesi.
E’ una brutta base di partenza per poter affrontare tutti assieme il difficilissimo tempo del dopo Coronavirus. Dobbiamo fare di tutto per modificarla. E’necessario recuperare rapidamente l’unica arma efficace per vincere la difficile battaglia che ci aspetta: la solidarietà tra cittadini, gruppi sociali, Regioni e Paesi.
Da soli si perde.
(www.albertostenico.it)
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